martedì 12 giugno 2012

Ripensare il Patto di Stabilità e favorire la crescita


Già un anno è passato da quando la lista civica di cui faccio parte (oggi come capogruppo consiliare di maggioranza) ha vinto le elezioni. Una lista giovane, di volti nuovi, con tante e variegate competenze ma soprattutto con tantissima voglia di fare. Abbiamo vinto contro ogni aspettativa e ci siamo trovati dinnanzi all'impresa più bella ma al contempo difficile: amministrare. E amministrare al giorno d'oggi, significa anzitutto fare i conti con il "famigerato" patto di stabilità, capirne i meccanismi e sforzarsi di rispettarli (e soprattutto, la sfida più importante per un amministratore, farli comprendere e accettare anche ai propri concittadini i quali reclamano interventi sul territorio e servizi).
Fare i conti con il Patto di stabilità, non è certo cosa da poco – lo sanno bene tutti gli amministratori locali (e devo dire che lo stanno capendo pian piano anche i cittadini, ormai sempre più solidali con i loro amministratori impotenti di fronte ai meccanismi del patto). Eppure credo sia troppo semplice (nonchè ingeneroso) demonizzare in assoluto il Patto di Stabilità. Come sempre, occorre analizzare e ponderare. 
Intanto, è apprezzabile e condivisibile la finalità del patto di stabilità: garantire la convergenza delle economie degli Stati membri della UE verso specifici parametri, comuni a tutti, e condivisi a livello europeo in seno al Patto di stabilità e crescita e specificamente nel trattato di Maastricht. La ratio è quella di ottimizzare l'utilizzo di risorse pubbliche ed evitare gli sprechi: a tale proposito vengono previste sanzioni per gli enti territoriali che non rispettano I vincoli del patto. Il Patto di Stabilità e Crescita ha fissato dunque i confini in termini di programmazione, risultati e azioni di risanamento all'interno dei quali i Paesi membri possono muoversi autonomamente: a tale proposito ciascuno dei Paesi membri della UE ha implementato internamente il Patto di Stabilità e Crescita seguendo criteri e regole proprie, in accordo con la normativa interna inerente la gestione delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo (Patto di stabilità Interno).
I vincoli del Patto oggi, tuttavia, sono troppo cogenti e penalizzano anche quei Comuni che gestiscono senza sprechi (o quantomeno cercando di limitarli il più possibile) le proprie risorse. Solo a titolo esemplificativo, da una recente indagine Ifel (della quale ha dato conto il Sole 24 ore) risulterebbe che tra il 2007 e il 2011 il Patto di Stabilità avrebbe lasciato inalterati I livelli di spesa corrente, abbattendo del 33% il tasso medio di investimenti locali,
L'eccessivo rigore per mettere in salvo i conti pubblici rischia di frenare la crescita. L'appello più volte reiterato dei Comuni a riprensare e rimodulare i vincoli del patto di stabilità non deve essere lasciato cadere nel vuoto.

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