giovedì 28 dicembre 2017

L'insegnamento di Gualtiero Marchesi...ovvero basta con gli esami!

Nell'apprendere della scomparsa di Gualtiero Marchesi, sono venuto a conoscenza di un particolare che ignoravo.

Marchesi avrebbe ad un certo punto della sua carriera rifiutato le stelle Michelin, asserendo di essere stufo di essere esaminato, rivendicando un diritto a potersi liberamente esprimere nel lavoro e venire giudicato solamente dal mercato, dalla clientela.

Marchesi coglie a mio avviso nel segno.
Se è vero che gli esami non finiscono mai, come diceva De Filippo, è anche vero che agli stessi debba essere dato un giusto peso a seconda delle circostanze.

Trovo assurdo che in particolar modo in Italia sia richiesta una abilitazione, un certificato per fare qualsiasi cosa.

Una volta che si è entrati nel mondo del lavoro io credo che non debbano essere (solo) i certificati a parlare.

Deve essere la nomea che ci si crea tra i clienti col proprio operato, deve essere la stima e il rispetto che ci si guadagna dai colleghi, deve essere la capacità di fare cose dimostrata sul campo e nel quotidiano.

Abbandonando il campo della cucina e venendo al campo delle professioni in cui opero, penso che sia una degenerazione quella di pretendere che un professionista possa fare certe attività solo se abilitato.

Forse che la formazione universitaria di base non serve a nulla?

Forse che il superamento di un esame di stato non sia sufficiente?

E' il superamento dell'ennesimo esame teorico a dimostrare cosa io professionista so fare o i risultati che ottengo giorno per giorno col mio lavoro?

Un certificato appeso alla parete tutela di più dell'assunzione concreta di Responsabilità per il proprio operato?

domenica 24 dicembre 2017

buone feste!


Questa è la cartolina di auguri che insieme al Dott. Stefano Congiusti abbiamo ideato per trasmetterla ai nostri clienti. La fotografia ritrae una bellissima decorazione natalizia che abbiamo avuto modo di apprezzare dal vivo nella città di Parma (città della quale, tra l'altro, mi sono innamorato).

lunedì 2 ottobre 2017

Sul diritto di difesa e sul ruolo del difensore

Ho trovato on line una simpatica definizione di "Avvocato": specialista nel rasentare il codice.

La definizione offre lo spunto per una riflessione a partire dalle seguenti domande:

Fino a dove si spinge il diritto di difesa fino a dove si deve arrestare il difensore? Esiste un diritto alla difesa sempre e ad ogni costo? L'interesse del cliente e l'interesse della giustizia coincidono sempre?

Sono domande che è bene ogni tanto porsi e su cui riflettere per non dare mai nulla scontato. Per chi come me fa l'avvocato è bene ogni tanto fermarsi a riflettere su questi quesiti.

Personalmente ritengo come avvocato che il mio compito sia quello di garantire sempre la possibilità di difendersi nel rispetto delle regole. Il confine, dove deve fermarsi la mia difesa sono le regole stesse a stabilirlo. Se c'è anche solo una minima possibilità è mio dovere esplorarla nell'interesse esclusivo del cliente. All'avvocato ritengo non sia chiesto meramente di applicare il diritto. Credo che l'avvocato possa anche contribuire a creare il diritto, innovarlo, sottoponendo nuove questioni giuridiche, casi controversi al Giudice. 



mercoledì 9 agosto 2017

Al liceo breve dico no!


Caro Ministro Fedeli,

io non ci sto! 

Passi la laurea breve perchè questo è un paese in cui ahinoi il titolo di dottore è diventato un diritto da garantire ormai a cani e porci...ma il liceo breve no!

Il liceo è un passaggio fondamentale per la formazione della persona e del cittadino. E' la palestra che ti prepara alla vita, al senso del dovere, all'impegno per ottenere il risultato.

Già la preparazione degli studenti liceali oggi è imbarazzante non rendiamola ancor più imbarazzante.




domenica 30 luglio 2017

Dall'idea al business



Segnalo questo nuovo progetto a cui mi sto dedicando insieme al Dott. Stefano Congiusti.

Si tratta di un corso di formazione per aspiranti imprenditori che, in collaborazione con Il Tempo Ritrovato proporremo a partire da Ottobre 2017 su Como e su Monza.


mercoledì 21 giugno 2017

Ancora letture

La crisi dell'avvocatura e le future opportunità

Valerio Toninelli
Historica Edizioni01 gen 2016

Il libro denuncia il decadimento della professione legale da attività tendenzialmente elitaria e di successo, ad impiego di scarso prestigio, appesantito dalle disfunzioni dell'amministrazione della giustizia, dalla bulimia legislativa, dall'incremento considerevole del numero degli iscritti, dall'impoverimento della clientela e, infine, dagli esigui compensi percepiti, specie a seguito dell'abolizione dei minimi tariffari. Lo scritto prende in esame, poi, il contenuto delle convenzioni che alcune banche, assicurazioni ed altri enti propongono ai legali fiduciari, evidenziandone l'inadeguatezza. Il libro valuta, quindi, le iniziative del Consiglio Nazionale Forense al fine di ottenere equi compensi. Lo scritto propone, infine, nuove occasioni di lavoro, finora non sufficientemente valorizzate dagli avvocati.

venerdì 16 giugno 2017

Amarezza Bis - Sulle graduatorie di terza fascia

Faccio per iscrivermi alle graduatorie di terza fascia per l'insegnamento e...amarezza. 

Scopro che il fatto che io abbia un dottorato di ricerca in scienze giuridiche, due corsi di perfezionamento post-universitario e sia abilitato alla professione di avvocato non contano nulla perchè non avrei conseguito tutti i 96 crediti dei settori scientifico disciplinari (in particolare materie economiche) e dunque mi è precluso l'accesso.


Ciò che trovo assurdo è il sistema. La laurea dunque non conta nulla? Il dottorato men che meno?

L'università dovrebbe dare una formazione di tipo generale, lasciando poi il resto all'esperienza.

Ad esempio, io da qualche anno mi occupo di diritto fallimentare, senza però aver studiato fallimentare all'università. Grazia alla laurea e al metodo acquisito mi sono studiato per conto mio fallimentare, ho fatto esperienza sul campo e ora questo è il mio ambito prevalente.

Come laureato in Giurisprudenza potrei insegnare diritto ed economia.

Ho una laurea, un dottorato, il titolo di avvocato. Per insegnare diritto ed economia, secondo l'ordinamento italiano, dovrei integrare la mia formazione con un paio di esami specifici di economia.

Ma - mi domando - non ho già abbastanza qualifiche per poter acquisire da solo le competenze specifiche per insegnare anche economia?

Tre esami integrativi di economia valgono dunque più di tre anni di ricerca come dottorando?

Valgono più di 5 anni di esercizio sul campo di una professione?

Non posso nemmeno aspirare ad una supplenza?

Così pare....#amarezza 

sabato 10 giugno 2017

Amarezza

Amarezza.

E' questa la sensazione che si prova di fronte a un paese che non vuol cambiare. La legge elettorale è l'ultimo squallido esempio di una classe dirigente che si prende gioco dei cittadini.

E' questa la sensazione che si prova quando senti che un boss mafioso ha diritto a una morte dignitosa, che invece fu negata ai servitori dello Stato. Non è facile da digerire, nemmeno per un uomo di legge, una cosa del genere. 

E' questa la sensazione che si prova quando vai in un'aula di tribunale e l'esito del giudizio, nonostante l'esistenza di una legge che dovrebbe essere uguale per tutti, si dimostra altamente variabile e condizionato da fattori esterni.

E' questa la sensazione che prova un libero professionista abbandonato a se stesso, senza tutela alcuna dallo Stato. Ma, intendiamoci: non siamo qui a reclamare diritti e garanzie, nè tantomeno assistenza. Semplicemente si chiede di poter esercitare in maniera davvero libera la professione.

E' questa la sensazione che provi quando vedi che tutti si lamentano, ma nessuno fa niente.

Forse questo Paese ha i governanti e le leggi che si merita.

Mah....

domenica 21 maggio 2017

Ritornando ad acquistare (e leggere) libri

Dopo un periodo di astinenza legato a varie occupazioni che mi hanno distolto dalla lettura, finalmente sono tornato ad acquistare libri....

Parecchi i titoli che mi intrigavano ma non ho potuto resistere di fronte a questo:

e del resto, l'esempio di Falcone è un punto di riferimento imprescindibile per un qualsiasi uomo di legge e in questi giorni (per la precisione il 23 maggio) ricorre l'anniversario della strage di Capaci.

Un acquisto inevitabile, dunque.

Per non dimenticare.

Per mantenere sempre vivo il ricordo di un Magistrato che ha creduto e lottato per la Giustizia.

Per non perdere mai la speranza.

Gli uomini passano, le idee restano.

sabato 20 maggio 2017

L.C.S. Caro Cliente....

Riprendo questo post per condividerlo sottoscrivendone i contenuti:

Caro Cliente,
quando chiedi scocciato perchè la lettera che ha scritto il Collega che mi ha preceduto è costata 120,00 €, è giusto che tu sappia a cosa sono serviti i tuoi soldi ed è un piacere, per me, ricordarti e ricordare a me stessa perchè trenta righe costino una così considerevole somma.
Vedi, caro Cliente, devi stare tranquillo.
Con quei 120,00 €, non hai pagato un' esposizione grammaticalmente e lessicalmente ineccepibile di una tua richiesta.
Peraltro, lascia che te lo dica, posta in maniera estremamente elegante.
Non hai pagato nemmeno una laurea in giurisprudenza e gli anni di praticantato che il Collega ha sicuramente dovuto frequentare con costanza.
Non hai nemmeno saldato il superamento di un esame abilitativo, che, ti prego di aver fiducia in ciò che dico, solo chi l'ha affrontato coscientemente e superato, sa quanto sia difficile e serio.
Caro Cliente, puoi stare tranquillo.
Non hai pagato nulla di tutto questo, seppure, per scrivere quella missiva, sia imprescindibile.
Inoltre, credimi ancora.
In quelle trenta righe non hai pagato, come hai ironicamente, sottolineato le poltroncine di velluto dello Studio del Collega.
Ti posso rassicurare su questo aspetto.
Quella lettera non paga un affitto, le segretarie e i collaboratori né tantomeno i corsi professionalizzanti che giustamente gli avvocati debbono seguire, ancor prima che per norma, per dovere di competenza.
Quello che hai pagato è molto di più.
Forse ti stupirà, ma ciò che paghi è ciò che non vedi e che forse, non capisci fino in fondo.
Quello che giustifica i 120,00 €, sai, non è visibile se non agli occhi di un altro avvocato.
Il costo vero di quella lettera sta nelle prospettive giuridiche che il Collega ha immaginato prima di scrivere; il valore di quella lettera sta nel futuro contenzioso che suppone, e a ragione caro Cliente, tu dovrai affrontare.
Quel denaro copre lo studio e la scelta, sotto la propria personale responsabilità, di un preciso inquadramento giuridico a cornice del tuo caso.
Quel denaro comporta un'omissione dei fatti a te sfavorevoli e un rilievo di quelli a te utili, financo nella tacitazione di quelli che tu invece pensavi, caro cliente, i più importanti da sbandierare in faccia a controparte.
Ecco caro Cliente perchè quella lettera è costata 120,00 €.
Sai, caro Cliente, non sprecherò tempo a spiegarti che il Collega (essendo quei denari inclusivi di IVA, della Cassa di Previdenza, e delle ben più che doverose tasse che deve pagare, senza neppur considerare i costi di uno Studio), non avrà un guadagno nemmeno pari a quanto tu spendi la sera per una pizza con tua moglie.
Perchè vedi, caro Cliente, se davvero avessi riflettuto su questi aspetti, l'unico problema che avresti dovuto porre a te stesso è un altro.
Non pensi che porre le basi del futuro dei tuoi prossimi quattro anni almeno, non valga molto di più?
Ora, perdonami, ma a Bergamo ci sono circa 2000 avvocati; sono certa che ne troverai un altro che meglio di me potrà assistere le tue pretese a costi più contenuti, ma io, il diritto preferisco ancora immaginarmelo di un certo valore.

lunedì 1 maggio 2017

Separazione delle Carriere Giudice e PM


Ora che tutto è precario, anche l'al di là....

C'è una canzone dei Negrita che recita ora che tutto è precario, anche l'al di là.

Devo ammettere che mi ha sempre colpito per la sua efficacia e idoneità a rappresentare una situazione quanto mai attuale dell'epoca che stiamo vivendo in cui sono venute meno tutte le certezze di un tempo, i rapporti sociali sono radicalmente mutati, le convenzioni sociali trasformate e tutto cambia alla velocità della luce.

Il ritornello ben si adatta a descrivere la situazione della mia generazione e delle successive...generazioni precarie.

Questo post non vuole affatto essere un modo per piangersi addosso, autocommiserarsi. Tutt'altro.

E' una presa di coscienza di come le cose siano cambiate e come la stabilità, il risparmio, i progetti a lungo termine siano concetti che in qualche modo non ci appartengono più o che in ogni caso devono essere riletti e ripensati alla luce di un contesto storico, sociale ed economico decisamente mutato.

domenica 9 aprile 2017

Ripensare l’azione penale obbligatoria

L’azione penale obbligatoria è uno dei principi cardine del nostro sistema penale.

Esso è l’attuazione nel concreto del principio per cui tutti siamo uguali dinanzi alla legge. Ed infatti, proprio in attuazione di questo principio di uguaglianza dei cittadini innanzi alla legge, il sistema giudiziario deve garantire parità di trattamento a tutti i cittadini, di modo che non si creino corsie preferenziali: la denuncia sporta da Tizio deve in buona sostanza avere la stessa dignità e dunque ricevere lo stesso trattamento della denuncia sporta da Caio. E questo indipendentemente da chi sia Tizio e da chi sia Caio, oltre che dal maggiore o minore disvalore del reato denunciato.

Verrebbe da dire che si tratta di un principio sacrosanto se non fosse che la realtà ci dimostra ogni giorno quanto invece il principio sia ipocrita, così come del resto è ipocrita il principio sottostante della legge uguale per tutti. Come scriveva Piero Calamandrei, nelle aule di giustizia andrebbe fatta un'errata corrige: “la legge non è uguale per tutti”.

Il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale è un principio ipocrita per varie ragioni.

In primo luogo perchè si scontra con problematiche di carattere organizzativo che purtroppo incidono pesantemente sul buon funzionamento della giustizia. Affermare che tutti siamo uguali davanti alla legge e che l’azione penale è sempre obbligatoria significa che per qualsiasi denuncia venga fatta la Procura della Repubblica competente è tenuta ad aprire un fascicolo iscrivendo la notizia di reato nell’apposito registro.
Ipotizziamo dunque una Procura sotto organico alla quale quotidianamente pervengano un numero di denunce elevato rispetto al numero di inquirenti effettivamente in servizio. Per ogni denuncia dovrà essere aperto un fascicolo e dovranno essere svolte le indagini la cui durata è per legge di minimo 6 mesi e massimo 18 mesi. All’esito dell’attività di indagine il Pubblico Ministero dovrà decidere se formulare la richiesta di archiviazione oppure rinviare a giudizio. E’ impensabile che tutte le denunce che giornalmente pervengono alla Procura seguano lo stesso iter, con le stesse tempistiche. Non è credibile che una denuncia per stalking riceva lo stesso trattamento di una denuncia per diffamazione anche se, per legge, così dovrebbe essere: diversa è l’attività di indagine, diverso l’allarme sociale e il pericolo connesso con la conseguente necessità per esempio di valutare nel caso dello stalking con urgenza anche l’applicazione di una misura cautelare.

Per quanto non venga esplicitato è sotto gli occhi di tutti che ogni singola Procura abbia un catalogo di reati ritenuti prioritari rispetto ad altri in quanto di maggior allarme sociale.

Un secondo problema connesso con l’obbligatorietà dell’azione penale è che, dal lato del cittadino che sporge denuncia, qualsiasi denuncia venga fatta è meritevole di essere esaminata con l’apertura del relativo fascicolo. Purtroppo la realtà giudiziaria dimostra come molto spesso lo strumento della querela venga ahinoi abusato, impropriamente utilizzato, con la conseguenza di gravare sul carico di lavoro dei magistrati.
Se io oggi decido di querelare Caio per un qualsivoglia motivo, anche inventato, anche il più banale o per un comportamento rientrante in ambito civilistico ma che io qualifico erroneamente come comportamento penalmente rilevante (si pensi alle truffe commerciali), metto in moto un meccanismo complesso che passa sempre e in ogni caso per l’apertura di un fascicolo, lo svolgimento di indagini, la richiesta di archiviazione, l’eventuale giudizio di opposizione all’archiviazione e, nei casi di denunce palesemente infondate, l’apertura di un nuovo ed ulteriore procedimento penale questa volta a carico dell’originario denunciante che ora si trova indagato per calunnia.

Occorrerebbe escogitare un filtro, che consente una selezione all’ingresso.
Molto spesso il cittadino si reca dai carabinieri a fare denuncia per evitare costi, che una consulenza legale inevitabilmente comporterebbe, nell’erronea convinzione di ottenere giustizia subito. Di fronte a denunce palesemente infondate la forza di polizia non può rifiutarsi di riceverle ma è tenuta, in forza dell’obbligatorietà dell’azione penale, ad acquisire la notizia e trasmetterla al pubblico ministero che a sua volta è tenuto ad aprire un fascicolo. Altrimenti, si risponde di omissione o rifiuto di atti di ufficio. Questo sistema andrebbe inevitabilmente ripensato.

Ed è una farsa che il Pm una volta ricevute le notizie di reato le tratti tutte allo stesso modo. Sarebbe una questione di onestà e trasparenza rendere esplicito il catalogo dei reati prioritari.

Ma qui si innesta un problema: a chi spetterebbe, nel caso, definire tale elenco? In virtù della separazione dei poteri verrebbe da dire al Parlamento.
Con questa domanda sollevo una questione di non poco conto, ossia quella dei rapporti tra giustizia e politica che può e deve essere valutata sotto una duplice angolazione.

In primo luogo, tenendo conto della situazione attuale. Ad oggi, di fatto, sono i Giudice che - nascondendosi dietro il principio ipocrita (per le ragioni anzidette) dell’obbligatorietà dell’azione penale - decidono nella pratica quali sono i reati di maggior allarme sociale cui dare priorità. Un uso distorto di questa discrezionalità si riscontra soprattutto nelle inchieste relative al mondo della politica, solo per fare un esempio.

In secondo luogo, ragionando in prospettiva de jure condendo, cosa succederebbe se fosse il Parlamento a decidere le priorità della giustizia? Di certo il meccanismo sarebbe più trasparente di oggi e forse più rispondente al sentire collettivo, certo bisognerà escogitare un sistema per evitare distorsioni, usi strumentali della giustizia da parte della politica (rectius della maggioranza al potere).

Cercando di trarre delle conclusioni, delle due l’una:

  • Mantenere l’obbligatorietà dell’azione penale implementando gli organici e rendendo trasparente i criteri di priorità adottati da ogni Procura (introducendo sul punto un controllo da parte del Ministero della Giustizia volto a garantire una certa uniformità)
  • Oppure abrogare il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale e far sì che sia il Parlamento, magari con maggioranze qualificate volte a garantire la massima rappresentatività, a stabilire periodicamente (ogni anno o per l’intera legislatura) le priorità dell’intervento giudiziario.




6 regole sicure per fallire nel lavoro

domenica 2 aprile 2017

E questo sarebbe un Partito LIBERALE???? Solidarietà a Edoardo De Blasio


Il Ministro Madia e la tesi di dottorato

Ancora una volta il Ministro Madia fa parlare di sè.

Questa volta per motivi un po' più gravi di un gelato leccato in modo malizioso (ricorderete la stupida polemica su una rivista di gossip).

Pare che la Madia abbia copiato da altri autori nella sua tesi di dottorato. Lo fanno tutti gli studenti, direte voi. E in effetti è quello che ha sostenuto in sua difesa anche Vittorio Feltri in un editoriale: non c'è nulla di male ad ispirarsi ad altri.

Errore. Qui parla il dottore di ricerca che c'è in me nonchè il correlatore che per qualche anno ha tartassato poveri studenti di giurisprudenza.

Scrivere una tesi è una cosa seria, ancor più se si tratta di una tesi di dottorato.

Articolare un pensiero proprio, originale, argomentare in difesa di una tesi non è per nulla un gioco da ragazzi.

Non è tollerabile dare la laurea a chi copia, figuriamoci concedere il prestigioso titolo di Dottore di Ricerca.

La ricerca scientifica è una cosa seria. Un Ministro che ha copiato non è un buon esempio per i tanti giovani che con sacrificio si dedicano agli studi.

Non c'è nulla di mare a prendere spunto da altri. Ma un conto è la citazione, un conto il plagio.

Il caso Madia è la triste testimonianza che ancora una volta in Italia vincono i furbetti.




martedì 21 marzo 2017

"ora che tutto è precario tranne l'aldilà voglio ubriacarmi la vita di curiosità naufragando sul mondo que serà, serà"

cit. Negrita

venerdì 10 marzo 2017

diceva Calamandrei....

"La legge è uguale per tutti" è una bella frase che rincuora il povero, quando la vede scritta sopra le teste dei giudici, sulla parete di fondo delle aule giudiziarie; ma quando si accorge che, per invocar la uguaglianza della legge a sua difesa, è indispensabile l'aiuto di quella ricchezza che egli non ha, allora quella frase gli sembra una beffa alla sua miseria.

domenica 8 gennaio 2017

Com'è cambiato il mondo dei professionisti...


E' decisamente cambiato il mondo delle professioni!

Non è più come lo vuole la Vulgata.

Il Professionista oggi è sempre più precario, sempre meno libero e sempre più responsabile.

Gli oneri sono maggiori degli onori spessi e la considerazione sociale, specie per chi è a contatto con i soggetti maggiormente in difficoltà, è venuta a mancare.

Ciò posto, il mondo delle professioni deve saper affrontare il cambiamento e contrastare la crisi, ricostruendosi l'immagine, ripensandosi profondamente e ripensando l'offerta dei servizi.